Cassazione Penale – Bugie sulle modalità di infortunio di un collega al fine di coprire datore di lavoro . Reato di favoreggiamento

L’imputato, mentendo alla Polizia Giudiziaria quanto alle modalità di infortunio sul lavoro accaduto ad un suo collega e avvenuto in presenza del ricorrente, avrebbe reso dichiarazioni potenzialmente utili a sviare le indagini che si svolgevano, per quel sinistro, nei confronti del responsabile della sicurezza per l’ipotesi di reato di cui all’art. 590 cod. pen..

In particolare diede una versione diversa dei fatti, che escludeva ogni responsabilità per il datore di lavoro e per il responsabile della sicurezza del cantiere ove il fatto si era verificato.

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna statuendo che ” […]il pericolo addotto secondo la prospettiva difensiva offerta in appello (i.e., il pericolo di venire licenziato se avesse detto la verità), non risponde ad una concreta dimostrazione in punto di fatto ma ad una mera suggestione logica, peraltro immediatamente smentita dalla conferma delle dichiarazioni mendaci che hanno concretato il favoreggiamento contestato, ribadite dal ricorrente nel corso del giudizio, allorquando era già stato licenziato da tempo e pur potendo avvalersi della via d’uscita garantita dall’art 376 cod. pen.
Né, infine, vale riferirsi ad una situazione di necessità correlata all’esigenza di sottrarsi a diretti profili di responsabilità, per aver in qualche modo contribuito al sinistro del D.: una siffatta prospettiva, seppur smentita apertamente dal motivare della sentenza di primo grado, non risulta neppure sollecitata in occasione dell’appello e non può essere dunque addotta in sede di legittimità, legandosi ad elementi in fatto diversi da quelli devoluti alla Corte territoriale.[…]”

Per consultare:

Consulta la sentenza 23 luglio 2020, n. 22253

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